L’insoluto, da semplice fatto occasionale e raro, sta diventando sempre più ricorrente e frequente, tale da creare grattacapi a molte aziende. Dell’insoluto, l’Impresa è vittima due volte. La prima perché il cliente non ha pagato, la seconda perché l’Impresa deve restituire i soldi alla banca.
Teoricamente è possibile da questo ciclo, sarebbe sufficiente, smettere di farsi anticipare delle fatture canalizzate, e propendere per delle Ricevute Bancarie. D’altro canto, è il debitore che ha il coltello dalla parte del manico nelle trattative commerciali e l’Impresa non può certo correre il rischio di perdere un cliente perché gli impone una modalità di pagamento che egli stesso non gradisce.
Ma mettiamoci un attimo nei panni del debitore e cerchiamo di capire perché non vuole una riba. Quando i nostri creditori ci inviano le riba, l’avviso viene canalizzato dalla nostra banca e alla stessa, risulta chiaramente quanti debiti dobbiamo onorare in un certo periodo. Se le riba vengono pagate, si autorizza la banca all’addebito e si ritirano regolarmente. Alcune riba possono poi essere errate, oppure emesse con una tempistica differente dall’accordo originario ed allora, in quel caso, non verranno ritirate e lasciate scadere. La nostra banca, però, assiste a tutte queste azioni.
Se quindi noi sistematicamente non paghiamo delle riba, difficilmente la nostra banca penserà che siamo perseguitati da fornitori imbranati, ma più facilmente penserà che non possiamo pagare, anche perché la banca sa benissimo i soldi che circolano sul nostro conto e di quale disponibilità possiamo far conto di avere. Se i nostri fornitori, invece che delle riba, lavorano con fatture in rimessa differita con bonifico, la nostra banca non sa niente di cosa sta succedendo con i nostri fornitori, e possiamo tranquillamente pagare chi vogliamo, o, più prosaicamente, chi possiamo.
In pratica, quindi, molte volte, dietro all’insoluto, c’è anche una situazione di difficoltà già aggravata, pertanto la semplice richiesta di non emettere ricevuta bancaria, ma di arrangiarsi col bonifico a scadenza, dovrebbe far scattare un allarme nella nostra mente. La conferma la vedremo tra qualche riga, quando cominciamo a mettere su numeri statistici. Detto questo, poi ci sono quelli che ci marciano, vale a dire coloro che, strutturalmente ed in maniera scollegata alla loro capienza o deficienza di cassa, quasi per principio non pagano con la tempistica corretta i loro debiti. Sono fortunatamente una minoranza, perché oltre che pratica commerciale scorretta è pura cafoneria, ma ci sono anche loro nelle percentuali degli insoluti che crescono a ritmo esponenziale.
Ci aiuta un recente studio a capire quanto sia grande il fenomeno e quanto possa dipendere da inedia o da vera difficoltà: 4 aziende su 10 in Italia pagano alla scadenza. Dai dati dell’Osservatorio CRIBIS, infatti, solo il 39,22% delle imprese ha pagato alla scadenza concordata, mentre il 50,90% ha accumulato un ritardo al massimo di un mese. Le aziende che invece hanno onorato i propri impegni oltre 60 giorni dopo la scadenza dei termini sono state il 2,11%. Sono le micro e piccole realtà a distinguersi per un comportamento più equilibrato nei pagamenti: infatti, la percentuale di pagamenti puntuali è pari al seconde. Le Medie e Grandi aziende registrano, rispettivamente, il 22,11% e il 11,10% di pagamenti alla scadenza.